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2013 IKI

 

 

 

PALAZZO COMUNALE
FORTUNAGO (PV)

28 LUGLIO - 15 SETTEMBRE 2013

inaugurazione domenica 28 luglio ore 17.30

IKI

MOSTRA COLLETTIVA DI ARTE CONTEMPORANEA
a cura di
MATTEO GALBIATI e RAFFAELLA NOBILI

con opere di:

FRANCESCO ARECCO - MAURO BELLUCCI - SONIA COSTANTINI
ELENA DEBIASIO - DANA DE LUCA - IGNAZIO GADALETA
FLAVIO GALLOZZI - CESARE GALLUZZO
ASAKO HISHIKI - YAMAMOTO MASAO - KAORI MIYAYAMA
MITSUO MIYAHARA - ELENA MODORATI - AYAKO NAKAMIYA
IZUMI OKI - MARA PEPE - TETSURO SHIMIZU

 

 

orario visite: sabato e domenica ore 16.00 - 20.00;
nei giorni feriali per appuntamento tel. 0383.875213 - cell. 340.6454695

 


 

LE OPERE IN MOSTRA

 

 

 

 

 

 

 

FRANCESCO ARECCO
1, 2, 3 2010
ebano e abete rosso di risonanza
(ebony and spruce pine), 25x90x3 cm

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

MAURO BELLUCCI
Senza Titolo, 2013
sumi e collage su carta montato su telaio, cm 70x70

 

 

 

 

 

 

 

 

SONIA COSTANTINI
LB11-10 Silentium grigiorosa 2011
olio su tela cm 130X90

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

ELENA DEBIASIO
Aggregazioni 2013
Pigmenti e resina su tela
cm 265cm x 62,5
(a sin. opera intera e particolare a destra)

 

 

 

 

 

 

DANA DE LUCA

Senza Titolo, 2013
stampa al carbone su carta fine art, 50x30cm

Senza Titolo, 2012
, stampa al carbone su carta fine art, 30x50cm

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

IGNAZIO GADALETA
Stellare 1990
olio su tavole cm 50,5x104,5x3,5

 

 

 

 

 

 

FLAVIO GALLOZZI

Chanoyù, cerimonia del tè inverno, tazza con gru.
Maestra: Koseki Gennaio 2006 Kitakata,
Prefettura di Fukushima, Giappone

Koto, giovane suonatrice di koto (arpa cinese)
Agosto 2006, Sukagawa,
Prefettura di Fukushima, Giappone

 

 

 

 

 

 

 

 

CESARE GALLUZZO
Dove l'acqua sa di sabbia , 2013
legno, lino e canapa, da 250 a 350 x 8 cmØ

 

 

 

 

 

 

 

 

ASAKO HISHIKI
Il respiro dell'Iki 2012

 

 

 

 

YAMAMOTO MASAO

#828; #845, da Nakazora
senza data
stampe alla gelatina d'argento

 

 

 

 

 

KAORI MIYAYAMA
I nostri percorsi , 2013
20x20, 30x30. 30x40. 40x40cm
mixed media: xilografia, filo cucito,seta, cornice in legno

 

 

 

 

 

 

 

MITSUO MIYAHARA
Ombr a, 1996
acrilico su tela, 219,5x149 cm

 

 

 

 

 

 

 

ELENA MODORATI
Porzioni d'aria, 2012
cera carta millimetrata, cm 28x32

 

 

 

 

 

 

 

AYAKO NAKAMIYA
IKI 2012
olio su tela, due elementi cm 50x40 ciascuno

 

 

 

 

 

 

 

 

IZUMI OKI

Iki #1,2012
vetri,15x10x22

 

 

 

 

 

 

 

 

MARA PEPE
Senza titolo 1992
vetro, vernice, polisterolo, medium density
cm 140x20x2,5 (3 moduli)

 

 

 

 

TETSURO SHIMIZU
Iki T-16 2013
olio su tela sagomata cm 90x180

 

 

ARTICOLI E RECENSIONI

 

articolo apparso sul "Giornale di Voghera"

 

 

 

 

 

 

 

articolo apparso
sulla rivista bimestrale
di cultura,ambiente
e turismo Oltre


 

 

 

 

segnalazione apparsa sulla Provincia Pavese

 

 

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IL TESTO DI KEVIN MCMANUS

 


 


Curare oggi una mostra dedicata all'iki è operazione che va letta in almeno due direzioni. Da un lato, infatti, l'iki , forse proprio in virtù della sua inafferabilità concettuale, è spesso erroneamente considerato una sorta di sinonimo della sensibilità giapponese in generale: esporre quindi un'arte iki , oltre che una sfida, rappresenta un atto di responsabilità, in un panorama in cui la pseudo-cultura facilona ama collezionare etichette senza verificare la validità e pertinenza dei loro referenti.


Nell'awicinarsi alle culture lontane, anche quando di fascino diffuso o di globalizzazione radicata, si tende a considerarle come altrettanti "aggettivi", magari estesi dal punto di vista semantico, e tuttavia sempre leggibili allo stesso modo, sempre rapporta bili a un generico profumo filosofico del quale ci si accontenta troppo spesso: così che il gusto giapponese, ad esempio, oltre a perdere in ricchezza e varietà, risulta anche appiattito sul piano storico, come una modalità espressiva sempre più o meno simile a se stessa. Sia dunque chiaro che l'iki , che pure incarna alcuni degli elementi chiave di questa estetica, è innanzitutto una categoria storicamente definita, e proprio per questo altrettanto esclusiva.

Chiedere a un gruppo di artisti, alcuni dei quali giapponesi di lavorare sull'iki è pertanto un tentativo di fare chiarezza sull'effettiva estensione del termine.

In secondo luogo, proprio la concretezza storica dell'iki lo rende una categoria appartenente al passato, ormai estranea a qualsiasi giudizio di valore sull'oggi. l'/ki costituiva uno dei principali valori estetici del Periodo Edo (1603-1868), eva riferito ad esso, al suo sentimento di chiusura verso l'esterno, alla sua squisita ricerca di una specificità stilistica che si basasse su una struttura profonda di tipo filosofico.

Fare arte iki oggi, dunque, significa richiamare criteri formali e principi etici che non ci sono più. Da qui un'ulteriore sfida, quella di evitare i caratteri spenti e scolastici dell'omaggio a un passato con il quale si vuole rimanere, al più presto, esenti da debiti: piuttosto, le opere qui esposte intendono far risuonare questa categoria, come un antico strumento che, seppur lontano dalle sonorità cui siamo abituati, tuttavia produce ancora suono, e merita di essere messo al confronto con la nostra sensibilità.

Definire l'iki è impresa ardua, tanto che il suo più illustre teorizzatore (a posteriori), Kuki Shùzò, prodigo di avvertenze per l'uso,nel suo volume la struttura dell'iki (ed. italiana Adelphi, 2008) rinuncia a fornire una spiegazione che sia efficace a prescindere dall'esperienza concreta: come tante parole di qualsiasi lingua (tra cui «arte», direbbero i disillusi), l'iki è più facilmente riscontrabile in un oggetto concreto che esprimibile tramite un concetto astratto. È quindi opportuno parlare di «struttura», proprio perché l'iki, come molte categorie giapponesi, è quasi una vicenda, un percorso, piuttosto che un predicato statico.

Nell'iki è fondamentale il rapporto tra la seduzione, ossia l'espressione di una dualità tra componenti che si attraggono (asessuate». direbbe Shùzò), una forza spirituale che la nobilita, e una successiva rinuncia che impedisce all'attrazione di trovare sfogo. la «seduzione» è categoria ricorrente nelle letture della nostra postmodernità occidentale; se però, ad esempio in Baudrillard, essa implica il soggetto-spettatore come elemento "sedotto", nell'estetica iki la dualità è interna all'oggetto: lki sono pertanto le linee parallele, specie verticali, che esprimono appunto una dualità che non prevede di risolversi.

Anche la scansione tripartita della "struttura" sembra richiamare a saperi occidentali, con la differenza che nell'iki, come in molte espressioni del pensiero giapponese, non c'è dialettica, e tra gli elementi non c'è opposizione.
Piuttosto, l'elemento che chiude la struttura ha la funzione di illuminare, di far risplendere ("risuonare", potremmo dire nuovamente) l'elemento di partenza, conservandone la purezza: la seduzione è tale, nel suo significato più puro, proprio perché non è mai dissolta nel suo soddisfacimento. la rinuncia lascia chi guarda in un territorio "di mezzo" tra momenti dell'anima che proprio nel loro illuminarsi senza entrare in contatto trovano una logica formale perfetta, tale da giustificare, in un certo senso, le sempre parziali e insoddisfacenti traduzioni del termine iki, come «grazia», «calma sofisticazione» e così via.

Un ultimo dettaglio, che forse aiuta a capire lo spirito con il quale questi artisti, oggi, sono stati messi di fronte alla sfida: Kuki Shùzò, nel trattare il senso dell'iki nel suo rapporto di opposizioni e analogie semantiche con altri termini, lo scrive in hiragana, scrittura fonetica, al contrario delle altre parole, per le quali non esita ad utilizzare gli ideogrammi, quasi a mantenersi equidistante da tutte le interpretazioni visualmente troppo radicali. la stessa parsimonia guida i nostri artisti, chiamati non a seguire un set di piatte regole formali, che pure sarebbero deduci bili, a una lettura superficiale, dal libro di Shùzò, ma a lasciarsi animare dalla vicenda interiore che, unificata sul piano temporale nell'opera d'arte, costituisce la "struttura" dell'iki.

Kevin McManus

 
LE FOTO DELLA VERNICE

 


Kevin McManus


Raffaella Nobili e Luigi Cavallo


Foto di gruppo degli artisti, critici e curatori della mostra



Tetsuro Shimizu e Luigi Cavallo


Matteo Galbiati durante il suo intervento



Ayako Nakamija


Mitsuo Miyahara e Flavio Gallozzi


Martina e Giovanna Jelo


Mauro Bellucci


Marco Grimaldi e Denise Cozzi

 


COMUNE DI FORTUNAGO
                                   
 
                                   

 

                                   
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